Interruzione della continuità di un corpo
Opera di Alex Sala e Matteo Suffritti
Lettura critica di Sonia Patrizia Catena
Un suono stridente e penetrante che si ripete, un corpo vivo ma disarticolato, una lamiera robusta ma in mutazione, è questa la grammatica visiva che si dispiega dinnanzi a noi attraverso l’installazione nata dall’incontro fra Alex Sala e Matteo Suffritti, artisti che uniscono le loro ricerche per porre in dialogo scultura e performance, materia e corporalità, trasponendo in un progetto installativo sonoro, concetti contrapposti insiti nell’essere corpo. Linguaggi artistici che uniscono semanticamente elementi differenti e medium espressivi a prima vista divergenti.
L’opera Interruzione della continuità di un corpo è il risultato di un processo di riflessione e di confronto su un lavoro del 2016 di Suffritti: (Senza Titolo) بدون عنوان, un’installazione realizzata a seguito della strage del Bataclan avvenuta a Parigi nel 2015, composta da una struttura metallica lacerata da cui fuoriusciva la fotografia di due piedi inermi. I due artisti sono partiti da questo progetto per trasformarlo in un’opera performativa caratterizzata dal ribaltamento della scocca metallica sull’asse orizzontale, dalla presenza di ulteriori squarci laterali e dall’eliminazione dell’elemento fotografico per accogliere il corpo reale di Sala al fine di rendere l’opera meno inerme.
Una contaminazione fra carne e metallo che ha alterato l’opera (Senza Titolo) بدون عنوان per discostarla dal suo significato originario e farla assurgere ad altro: una pelle ferrea, che sembra incorruttibile, eppure soggetta a ossidazione che ne interrompe la permanenza, si discosta per la sua forma rigida e geometrica dal suo contenuto, un corpo umano, che non limita, né organizza o racchiude, né manifesta la sua conformazione. Il contenuto vivificato si muove, si fa spazio, fuoriesce dalle spaccature e quindi dai confini imposti dal monolite metallico, è intrappolato ma tenta di elevarsi e di alleggerirsi attraverso piccoli movimenti di libertà. Ne nasce una sorta di lotta fra la pelle di metallo, che cerca di imporsi sulla carne con il suo involucro apparentemente statico e corroso dalle violente deflagrazioni, e un corpo frammentato che manifesta la sua presenza mediante azioni impercettibili. C’è uno scollamento fra l’esterno e l’interno, nella fattispecie la scocca in ferro è il simbolo dell’uomo occidentale contemporaneo disgiunto dal proprio intimo sentire e, al contempo, appagato dalla relazione sterile con un’esteriorità superficiale ormai decadente.
Un’opera che integra in sé due identità artistiche di cui si alimenta e tenta – al medesimo tempo – di attivare una riflessione ed un’empatia con chi osserva per riconfigurare il suo statuto e arricchirsi di rinnovate presenze e significati.